Archiviata con la gara di Barcellona anche la settima prova del mondiale 2017. è il momento di tracciare un primo bilancio e fare qualche considerazione sull’attuale situazione tecnica della Motogp, per certi versi sorprendente ed abbastanza inattesa. Dopo una stagione 2016 caratterizzata da importanti svolte regolamentari quest’anno era lecito attendersi un assestamento tecnico ed una chiara definizione del potenziale delle singole Case. lo scorso anno la simultanea introduzione della centralina unica ed il passaggio a Michelin come fornitore unico degli pneumatici aveva condizionato l’andamento del campionato, con ben nove vincitori diversi nell’arco della stagione. La centralina unica ha certamente rappresentato una sfida importante, con i progettisti che valutavano questa modifica come un ritorno indietro di sette/otto anni rispetto alle sofisticatissime centraline personalizzate utilizzate fino al 2015. Ma in questo settore il progresso è molto rapido, ed al momento attuale le gestioni elettroniche non sono più così distanti dal livello elevatissimo di due anni fa. Matteo Flamigni, telemetrista di Valentino Rossi, ha dichiarato che ipotizzando un valore di 100 per le ultime gestioni elettroniche personalizzate del 2015, oggi, con le centraline uniche opportunamente interpretate dai tecnici delle case, si è ad un potenziale di 85/90. Ben diverso e più traumatico è stato il passaggio a Michelin per la fornitura delle gomme. Lo scorso anno i problemi si sono trascinati per gran parte della stagione, e questo, complice anche un meteo spesso incerto, ha portato talvolta a risultati imprevisti e sorprendenti. Quest’anno, con una stagione intera di esperienza e sviluppo da parte del gommista francese, sarebbe stato lecito attendersi un avvio di campionato meno problematico. Ma andiamo con ordine, per meglio comprendere cosa abbia portato all’attuale situazione. Nel corso del 2016 Michelin aveva come ovvio predisposto tre tipi di mescole, Soft, Medium e Hard, con diverse soluzioni di carcassa, Ad ogni GP , in base alle condizioni meteo previste, al tipo di asfalto ed al circuito ne venivano deliberate due, scartando a priori quella presumibilmente inadatta. Ovviamente questa scelta era anche motivata da esigenze logistiche, visto l’impegno che il trasporto sui campi di gara rappresenta, con gran premi che si succedono ogni due settimane o addirittura ad ogni weekend. Quest’anno Michelin ha deciso di produrre sempre le tre mescole, ma utilizzando un’unica carcassa, e di portare sempre, a tutti i gran premi, le tre soluzioni. Apparentemente, una scelta che mette tutti nella condizione di avere la massima possibilità di scelta, ma forse, per il gommista, anche una variabile ed una responsabilità in meno, visto che nella passata stagione non sempre le due opzioni deliberate si sono rivelate quelle giuste, anche a causa dei capricci del meteo. La decisione di utilizzare poi una carcassa unica è sempre motivata da considerazioni di produzione e logistica. La carcassa unificata ha necessariamente portato ad una soluzione di compromesso tra quelle precedentemente utilizzate, e qui sono nati i problemi. la prima difficoltà è arrivata dal pneumatico anteriore, che la stragrande maggioranza dei piloti ha giudicato non sufficientemente rigido da garantire stabilità durante la delicata fase della staccata e dell’inserimento in curva. Soprattutto i piloti che fanno della frenata il loro punto di forza lamentavano movimenti e scarsa comunicativa del pneumatico, di qui la decisione di tornare alla ‘070’, la gomma anteriore della passata stagione. Quello che poi è apparso evidente con il succedersi delle gare, è che Michelin ancora non ha maturato una base stabile e definitiva su cui lavorare, malgrado ormai quasi due anni di esperienza di gare e collaudi. Ad ogni gran premio l’incertezza sul rendimento e sulla durata di queste gomme resta molto alta, e questo malgrado si sia corso quasi sempre in condizioni meteo stabili. Di fatto, non pare esserci mai una grande differenza di resa tra le tre scelte di mescola disponibili.. Che questo sia dovuto alla carcassa unica, difficile dirlo, quello che ne consegue è una finestra di utilizzo quanto mai ridotta, che il più delle volte taglia fuori almeno un costruttore dalla possibilità di competere per le prime posizioni. Oggi, più della massima efficacia assoluta, pare pagare la capacità della moto di risentire il meno possibile di questa problematica. La cosa ha di fatto tarpato le ali a qualcuno e smussato i difetti di altri. Vero è che in questo modo
si appiattiscono i valori ed aumenta l’incertezza, ma si tratta in un certo senso di un finto spettacolo, che spesso non rispecchia il reale potenziale di mezzi e piloti in campo. Inevitabilmente sono iniziati i malumori, e visti i recenti clamorosi risultati della Ducati qualcuno ha accusato Michelin di favorire la casa bolognese. Ovviamente non è così, diciamo che lo stato attuale delle cose ha forse giocato a favore della rossa di Borgo Panigale. Le problematiche tuttora irrisolte del pneumatico anteriore, ancora non a livello della Bridgestone, hanno un po’ penalizzato i piloti e le moto che fanno dell’efficacia in frenata ed in ingresso il loro punto di forza. E questo ha di fatto reso la Ducati meno penalizzata di prima sotto questo aspetto, per lei tradizionalmente critico Come si è visto più volte, le gomme attuali sono poco comunicative quando si forza per cercare il limite, soprattutto all’anteriore con conseguente livellamento verso il basso della prestazione. Le prime tre gare extraeuropee, disputatesi su tracciati non eccessivamente tecnici e con temperature non particolarmente critiche, avevano lasciato intendere che la Yamaha M1 fosse già ad ottimo livello di efficacia complessiva, con un netto vantaggio sulle avversarie. La Ducati, che nelle previsioni precampionato avrebbe dovuto sfruttare la trasferta extraeuropea per capitalizzare punti appariva invece in crisi preoccupante. Honda ha mostrato un rendimento altalenante, con la debacle in Argentina e la scontata vittoria di Marquez in Texas a rendere indecifrabile il reale potenziale della moto. Al ritorno in Europa, su circuiti più tecnici e vecchio stampo, molte certezze sono crollate ed i risultati sono stati sorprendenti con veri e propri capovolgimenti di fronte. Yamaha è andata in crisi su due circuiti sulla carta molto favorevoli come Jerez e Barcellona, e sulle stesse due piste la Ducati, che in passato aveva sofferto, ha ottenuto un podio e una vittoria, Attualmente, guardando alle gare nel loro complesso, forse è proprio la Ducati la moto che ha mantenuto un buon livello di efficacia quasi ovunque. La Honda è tutt’ora altalenante, mentre Yamaha pare soffrire parecchio questa difficoltà di sfruttamento degli pneumatici. Due disfatte come Jerez e Barcellona non si erano mai viste, ed una spiegazione si impone. L’evoluzione portata in campo da Yamaha quest’anno mirava a risolvere il problema del degrado delle gomme nella seconda parte di gara, con probabili interventi sulla distribuzione dei pesi, ma di questo ci occuperemo in un prossimo articolo. i cambiamenti apportati dalla Michelin hanno forse colto di sorpresa i tecnici Yamaha ed in parte vanificato il loro lavoro. Le gomme francesi, quest’anno, sembrano ancora più limitate nel range ottimale di utilizzo con grossi problemi di durata in caso di scarso grip e temperature elevate, Domenica scorsa a Barcellona. tutti i piloti hanno dovuto correre amministrando gli pneumatici , ed in effetti è parso quasi di assistere più ad una gara di endurance che di Motogp. Al di là dell’entusiasmo per la vittoria di Dovizioso e della Ducati viene spontaneo chiedersi se sia questo il tipo di spettacolo che debba rappresentare la Motogp. Ma come viene influenzato il degrado del gomme da grip e temperatura? Vediamolo in breve. Il pneumatico, quando il grip è buono, si consuma in modo uniforme perché la temperatura della mescola rimane nel range ottimale. Un degrado eccessivo come quello lamentato dalle M1 ufficiali a Barcellona si verifica quando c’è un problema di surriscaldamento e la parte a contatto con l’asfalto viene portata a una temperatura molto maggiore di quella interna della carcassa. L’insieme carcassa / mescola perde di omogeneità, con micro movimenti relativi tra i componenti che portano allo sfaldamento del battistrada e rapido decadimento di aderenza e trazione. In passato anche Bridgestone aveva sofferto di questo inconveniente, risolto con l’introduzione di una fascia intermedia tra carcassa della gomma e mescola superficiale. Non è dato sapere se anche Michelin cercherà una soluzione in tal senso. Va ricordato che il costruttore francese, al contrario di Bridgestone, non usa una procedura completamente automatizzata per la produzione degli pneumatici da Motogp, ma mantiene a tutt’oggi una parte di lavorazione artigianale, probabile causa di una non sempre perfetta omogeneità qualitativa. Le gomme attuali, in determinate situazioni hanno finito per favorire indirettamente la Ducati, il cui motore è sì molto potente ma a detta dei piloti anche molto fluido e progressivo nell’erogazione in uscita di curva. Inoltre le rosse in tutte le versioni, hanno sempre mostrato tra i maggiori pregi l’ottima trazione meccanica, uno dei fattori che le rendono molto efficaci sul bagnato. C’è da chiedersi ora cosa dobbiamo attenderci dalle prossime gare, Di certo non mancheranno condizioni di asfalto imperfetto e temperature elevate, ed i costruttori dovranno cercare di sopperire con le scelte tecniche a questa criticità di sfruttamento delle gomme, ormai determinanti nel condizionare lo svolgimento delle gare. Con magari grande incertezza sul risultato finale ma anche con piloti e mezzi che vengono pesantemente condizionati nel poter esprimere il proprio reale potenziale. Dover assistere a gare in stile formula uno, con ritmi di gara al risparmio per il timore di non arrivare al traguardo di certo non è quello che gli appassionati si attendono.
Alfonso Paduano