Scuderia Ferrari, l’uomo che guida tutte le Ferrari

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È arrivato al collaudo di Formula 1 vendute numero 350 della carriera, ha guidato tutte le Ferrari di Formula 1 dal 1974 a questa parte (eccezion fatta per la 126 C2 del 1982, vettura vincente ma anche tanto sfortunata) e ha contribuito allo sviluppo di alcune delle auto GT più belle della Casa di Maranello. Suo è stato a lungo anche il record della pista di Fiorano. Lui è Andrea Bertolini, nato a Sassuolo nel 1973 e cresciuto in Ferrari, stella delle competizioni Endurance con la 458 Italia GT2 e GT3, nonché tester della Scuderia Ferrari e delle monoposto dei Clienti, che collauda, appunto, prima che vengano restituite ai proprietari dopo i tagliandi periodici effettuati a Maranello.

Come è iniziata l’avventura in Ferrari di Andrea Bertolini?
“È iniziata a 17 anni, quando sono entrato a lavorare in fabbrica. Operavo ai banchi prova e intanto correvo in kart, inseguendo il sogno di diventare pilota. Non avevo ancora preso la patente quando ebbi la possibilità di effettuare cinque giri a Fiorano al volante di una 355 Challenge. Quei cinque giri mi hanno cambiato la vita perché il capo del collaudatori, Dario Benuzzi, mi prese sotto la sua ala protettrice e mi insegnò il mestiere. Di giorno lavoravo sulle vetture, nel pomeriggio facevo chilometri con Benuzzi imparando cose che si sarebbero rivelate preziose per la mia carriera”.

Ad esempio?
“A capire le vetture in tutti i loro comportamenti in un tempo ridottissimo. Lavorando in fabbrica ho imparato nei dettagli prima come erano fatti i motori e poi le vetture nella loro interezza. Conoscerle nei più piccoli dettagli, perché contribuivo a costruirle e a perfezionarle, mi è tornato utile da pilota. Benuzzi una volta ha detto: ‘Andrea ha sviluppato una sensibilità tale da essere in grado di adattare lo stile di guida ad ogni problema che dovesse presentarsi e così riesce sempre a portare a casa il risultato’, un giudizio di cui vado molto fiero. La prima Ferrari di cui ho curato personalmente lo sviluppo è stata la 360 Challenge Stradale: l’ho seguita dall’inizio alla fine del suo percorso e con quella vettura avevo instaurato quasi un rapporto di simbiosi, quel rapporto che ho poi stabilito con tutte le altre Ferrari di cui mi sono occupato”.

Poi è arrivata la Formula 1…
“Quando la Ferrari ha iniziato a vendere le proprie monoposto, continuando a seguirle per quanto riguarda manutenzione e conservazione in garage, io sono stato coinvolto nel progetto. Serviva un pilota che le provasse dopo gli interventi. Ricordo ancora la mia prima Formula 1, una 412 T2 del 1995. Era una monoposto incredibile, 12 cilindri, veramente ben fatta, al punto che quando la provò per la prima volta, Michael Schumacher, appena arrivato a Maranello, chiese come mai non si fosse vinto il Mondiale. Ricordo ancora molto bene quel giorno. Io non sono uno che si emoziona facilmente, ma quando mi sono calato in abitacolo e i meccanici hanno acceso il motore dietro alle mie spalle sono stato percorso da un brivido. Per un attimo mi sono rivisto bambino, quando andavo a guardare a Fiorano le Ferrari che giravano e il mio idolo Gilles Villeneuve, e mi sono detto che stavo realizzando uno dei miei sogni: guidare una Formula 1 della Ferrari proprio a Fiorano. Quel momento resta il più emozionante della mia vita professionale”.

Da allora in poi ne hai guidate tante…
“La più antica che mi è capitata per le mani è stata la 312 B3-74, una vettura incredibile, a cui sono molto affezionato. Da quel modello in poi ho guidato tutte le Formula 1 della Scuderia tranne quella del 1982. Non è facile formare una graduatoria. All’auto del 1974 sono molto legato: è come un kart un po’ più grande e potente, leggerissima e da guidare in sbandata controllata. Era pericolosa, la sicurezza del pilota era molto precaria, ma a quei tempi era così. Poi amo la F1 87/88 del 1988, l’ultima Ferrari turbo prima della F14 T, facile da guidare e incredibilmente maneggevole nonostante il cambio tradizionale. La sublimazione della capacità di innovare tipica della Ferrari si trova, invece, guidando la F1-90 che sfiorò il titolo con Alain Prost. Dell’auto del 1995 ho già detto prima, quindi ci sono la vettura del 1999 e quelle del 2002 e del 2004, le auto dei record, monoposto straordinarie, con le quali avrei potuto dire la mia anch’io…”

La tua carriera agonistica invece si è sviluppata nell’ambito delle auto GT…
“Si, a partire dal 2001, anche se paradossalmente il mio esordio fu con una Porsche. Presi le ferie per poterla guidare ma quella stagione mi mise in luce abbastanza da convincere la Ferrari ad affidarmi una sua vettura. Era il 2002, l’auto una 360 Modena N-GT sulla quale mi aveva voluto fortemente Andrea Garbagnati. Nel 2003 perdemmo il titolo FIA GT all’ultima gara per un guasto banale, ma ormai la mia carriera era lanciata. In quell’anno debuttai anche come collaudatore del team di Formula 1 (mansione che ricopre ancora oggi) mentre a livello di corse la mia occasione arrivò quando fui coinvolto nel porgetto Maserati MC12 per il FIA GT1. Fui chiamato da Jean Todt e dal responsabile del progetto Giorgio Ascanelli e, assieme a Claudio Berro, debuttammo nel 2004 e nel 2006 conquistammo il titolo ripetendoci nel 2008, 2009 e 2010.

Oggi invece sei impegnato in un gran numero di campionati.
“Io sono un pilota della Ferrari (e della Maserati) e, quando uno dei nostri principali team clienti lo chiede all’azienda, vado a correre con le loro auto. In questa stagione con team prestigiosi come AF Corse ed SMP gareggio nell’European Le Mans Series, nel WEC (World Endurance Championship), nel campionato americano USCC e ho disputato la 24 Ore di Spa-Francorchamps della serie Blancpain. Affianco i loro piloti, cerco di ottenere il miglior risultato possibile e quando riesco a portare un equipaggio alla vittoria mi godo, oltre alla gioia personale, anche quella dei ragazzi che gareggiano con me. Sono veramente delle belle esperienze”.

“La gara” della tua carriera?
“La 24 Ore di Spa-Francorchamps del 2006 con la Maserati: fu una battaglia incredibile contro l’Aston Martin ufficiale. Io e i miei compagni, il belga Eric Van De Poele e il tedesco Michael Bartels, entrambi con esperienza di Formula 1, girammo a ritmi da qualifica per tutte le 24 ore. Ricordo che a 30 minuti dal termine eravamo al comando con otto secondi di margine. Nell’ultima mezz’ora riuscimmo a guadagnarne un’altra dozzina riuscendo a transitare per primi sotto la bandiera a scacchi. Che spettacolo!”.
Delle vetture di Formula 1 preferite abbiamo detto. Per quanto riguarda le vetture GT?
“Sarebbero molte, mi limiterò a tre: la 360 GTC, da me sviluppata fin dall’inizio, come la Maserati MC12 e la 458 Italia GT2 e GT3 che guido adesso, una pietra miliare nella storia dell’automobilismo di durata. Definire una gerarchia delle vetture stradali è più difficile: sono tutte straordinarie”.

Hai provato LaFerrari?
“Sì, su strada e in pista, e a proposito di questa vettura devo ammettere una cosa: per un pilota, abituato alle auto da corsa, le vetture stradali in pista non trasmettono fino in fondo le stesse sensazioni, perché inevitabilmente devono essere preparate per gli asfalti di tutti i giorni, mentre in pista la rigidità è massima. Ecco, questo discorso non vale per LaFerrari. Il nome, prima di guidarla, non lo avevo capito. Dopo che mi ci sono messo al volante ho cambiato completamente idea: ho capito il nome LaFerrari, una vettura unica e irripetibile”.
Tu, tra simulatore e progetti, anche riservati, guidi per la Ferrari tutti i giorni?
“Si, tutti i giorni, ma proprio per la riservatezza di certi progetti preferisco non dire di più…”