Campionato 2013-2014: anno zero del calcio italiano?

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Partiamo dall’epilogo: finale di Coppa Italia fra Fiorentina e Napoli, agguato da parte di tifosi della Roma (estranei al match) a quelli partenopei, incidenti, sparatorie, feriti gravissimi ancora in ospedale. A seguire: partita a rischio sospensione, Genny la Carogna, la maglia pro-Speziale, la presunta trattativa Stato-Ultras, le squalifiche, i Daspo. Tutto ciò al culmine di una stagione dove non è passata domenica senza che si registrassero cori razzisti, discriminazioni territoriali, inni al Vesuvio e altre bestialità simili. In questo avvilente contesto si è poi innestata la cervellotica, per non dire di peggio, giustizia sportiva, che ha più volte lasciato a dir poco sconcertati gli osservatori più benevoli, infliggendo spesso pene e condanne secondo criteri quantomeno discutibili. La stagione dei veleni, in Italia, non ha mai fine: è di ieri la notizia del raduno della Nazionale mentre ancora infuriano le polemiche circa la mancata applicazione del cosiddetto codice etico nel caso del difensore juventino Chiellini, squalificato in campionato ma convocato ugualmente da Prandelli. Sforzandosi di guardare tutto con un po’ di distacco e senza alcuna faziosità il calcio italiano sembra davvero alla frutta o, nella migliore delle ipotesi, una gabbia di matti.           Al punto in cui siamo le vergogne extracampo rischiano pure di far passare in subordine le vicende agonistiche che, in fondo in fondo, hanno espresso anche qualcosina di buono, non dimentichiamolo. La Juventus campione per la terza volta consecutiva, innanzitutto. Un’impresa eccezionale ottenuta stracciando diversi record da una squadra mirabilmente condotta da un allenatore che sembra avere sempre più fame e grinta di tutti, perfino di chi scende in campo. Anche al terzo anno consecutivo! La marcia trionfale dei bianconeri è stata intralciata praticamente solo dalla Roma di Rudi Garcia, per niente accreditata dai pronostici della vigilia e rivelatasi invece una squadra super organizzata, capace di entusiasmare e divertire. In altre annate i punti ottenuti dai giallorossi sarebbero ampiamente bastati a vincere il campionato a mani basse, ma non quest’anno con questa Juventus. La memoria di molti è corta ed allora ricordiamo che al raduno estivo la Roma era pesantemente contestata dai suoi tifosi che non le perdonavano la sconfitta del derby-finale di Coppa Italia, che i calciatori arrivati non entusiasmavano affatto e che quelli che erano rimasti sembravano cotti. Garcia ha trasformato tutto e tutti ed è un vero peccato che questa squadra non abbia vinto nulla al termine di una stagione così prestigiosa. Ha vinto invece qualcosa il Napoli di Benitez, un allenatore troppo in fretta liquidato dal calcio italiano e che invece ha dimostrato di essere un Numero Uno quando gli viene data la possibilità di lavorare come sa. Il Napoli ha accumulato forse troppo presto un significativo ritardo in campionato dalla Juve, ma ha disputato un girone di Champions pressoché perfetto uscendo per una combinazione quasi irripetibile, ha messo presto al sicuro il terzo posto (e la qualificazione Champions), ha segnato più di 100 gol in stagione finendo col vincere uno dei due tornei nazionali in palio. Fra i meriti dell’allenatore spagnolo aggiungerei anche il non aver sbagliato un acquisto (Callejon, Reina, Albiol, Mertens, Ghoulam, Henrique, lo stesso Duvan…) ma soprattutto la serenità e la professionalità con la quale ha approcciato e gestito tutti i momenti della stagione anche e soprattutto in una piazza calda come quella di Napoli e in un calcio frenetico ed urlato come purtroppo è oggi il calcio italiano. Non sono convinto che in una partita secca il Napoli di quest’anno fosse inferiore alla Juventus (non a caso una vittoria a testa in campionato) e alla Roma (stesso bilancio ma con l’aggiunta di averla eliminata, battendola seccamente, dalla Coppa Italia), ma la corsa allo scudetto è una corsa a tappe e questa squadra era forse più una sprinter (oltre che la più internazionale per gioco e mentalità fra tutte le nostre compagini)… Con qualche piccolo aggiustamento l’anno prossimo si potrà competere fino alla fine evitando di perdere punti (specie in casa) con le cosiddette piccole.       Alle spalle del trio di testa sono finite Fiorentina e Inter che hanno condotto un buon campionato nel complesso anche se i viola hanno pagato un’incredibile serie di infortuni in attacco (Gomez e Rossi) e l’Inter ha avuto un lungo passaggio a vuoto invernale in concomitanza, chissà perché, col passaggio da Moratti a Tohir. Il Parma ha meritato la qualificazione europea avendo ad un certo punto inanellato un filotto davvero ragguardevole ma l’avrebbe meritata forse anche il pazzo Toro di Ventura capace nei minuti finali di sperperare, in numerose occasioni, punti preziosissimi. Buonissimo il campionato della neopromossa Verona in cui hanno brillato il talentuoso Iturbe e l’eterno Toni, piuttosto deludente invece quello della Lazio, passata dai fasti del gol di Lulic ad una contestazione praticamente costante ad una squadra appena appena sufficiente. Nulla in confronto alla delusione del Milan, fuori dalle Coppe come non succedeva da anni ma soprattutto allo sbando sia da un punto di vista tecnico (via Allegri, dentro Seedorf sfiduciato dopo poco e confermato a dispetto dei santi ma fino a quando?) che da quello societario (gli attriti Galliani-Barbara sono solo l’ultimo atto di una gestione da parte della famiglia Berlusconi molto contestata). Troppi anni senza investire ed anzi vendendo tutto quello di pregiato che c’era da vendere potevano solo portare a questo irreversibile depauperamento della squadra ed inseguire solo il colpo low-coast dell’ultim’ora è una tattica che non sempre paga. Vediamo quest’estate che s’inventano a via Turati.       Detto che Atalanta, Genoa, Sampdoria e Cagliari hanno portato in salvo la pellaccia senza grande sforzo ma onestamente senza brillare granchè e che soprattutto dall’Udinese ci si aspettava qualcosa in più, va celebrato il de profundis di Bologna, Catania e Livorno, retrocesse per eccesso di demeriti propri. Il Livorno fa un veloce ritorno nella cadetteria da cui proveniva a causa di un’innegabile povertà tecnica, leggibile già in estate e mai corretta durante l’anno. Stesso problema per il Bologna che si è letteralmente suicidato prima allontanando Pioli, probabilmente l’unico che avrebbe potuto salvarlo, e poi privandosi dell’unico giocatore di qualità (Diamanti) senza sostituirlo affatto. Un lancio senza paracadute dal finale già scritto. Più misteriosa la debacle del Catania, ascrivibile comunque alle strambe scelte di Pulvirenti che, rotto il sodalizio con Lo Monaco, ha fatto proprio di tutto per farci capire di chi fosse il merito dei buonissimi risultati ottenuti in Sicilia negli anni precedenti.  Da tali imperdonabili castronerie ne hanno tratto vitale beneficio Chievo e Sassuolo che in virtù di una superiore organizzazione societaria (specie i clivensi) e di una maggiore propensione all’investimento (gli emiliani) hanno raggiunto un’agognata e nel complesso meritata salvezza. Ma non esaltatevi troppo. Il quadro non sarebbe malvagio se la stagione non avesse sancito e confermato che a livello internazionale il nostro calcio è ormai il quinto-sesto d’Europa. Una sola squadra qualificata dai gironi di Champions (non il Napoli che l’avrebbe meritato ma il ben più mediocre Milan, uscito poi subito agli ottavi), partecipazioni in Europa League da dimenticare, la nostra regina indiscussa (la Juventus) che non riesce a fare un gol che sia uno al Galatasaray prima e al Benfica poi uscendo senza appelli e dimostrando in entrambe le occasioni che saper perdere è difficile quasi come vincere, per non parlare di un livello tecnico nel complesso mediocre, di partite noiosissime giocate in stadi fatiscenti e semivuoti, in mano a frange criminali. Ed il cerchio a questo punto si chiude, tornando esattamente al punto da cui eravamo partiti. Molto c’è da fare. Vivai, giovani, nuova mentalità, nuove regole, nuova giustizia, nuovi stadi, nuove leggi. Ma anche sportività, obiettività, cavalleria, self control, responsabilità, esempio. Parole grosse, impegnative, come “bambini”, proprio quelli che riescono a riempire gli stadi solo quando gli “adulti cattivi” stanno a casa. Potessimo ripartire da loro…